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HARI

Giorgia e Hari
GIORGIA E HARI marzo 2011

HARI E GIORGIA


 

HARI
LABRADOR
NATA IL 28 OTTOBRE 2010

BREVETTI ANPAS
1° LIVELLO
- 13/11/2011 - Signa (FI)

Molte persone, quando sentono la parola “cane” le attribuiscono la famosa frase “migliore amico dell’uomo” stupide e insensate frasi già elaborate da altrettante stupide e ignoranti persone, persone che pur di mettere in mostra il proprio cane inventano insensate frasi come “il mio adorato Mr.King Solomen è come un figlio per me...”
Io sinceramente non ci credo, ma non fraintendetemi, per me i cani, come tutti gli animali, sono piu di semplici “migliori amici” o “figli”, per me sono semplici animali, talmente semplici da essere meravigliosi.
Ora sono le 11.46 di notte, i miei fratelli stanno gia dormendo e i miei genitori stanno guardando un nuovo film, uscito da poco da quanto ho sentito, e io sono qui, nel mio letto, in uno stato di dormi-veglia, e ho deciso di scrivere, quasi come un diario, l’inizio della mia vita con Hari.
<< Un cane! Un cane!>> Qante di queste frasi ripetevo GIORNALMENTE ai miei genitori; frasi che, come una freccia rotta, mancavano il bersaglio, e piu frecce tiravo, piu il bersaglio si allontanava.
Spesso la sera dopo cena, prima di andare al letto, mi acquattavo sull’uscio di camera mia, con l’orecchio teso intento a captare come un Radar, ogni minimo passo che si avvicinava alla mia camera: se qualcuno si avvicinava, correvo a letto e sospirando, bhe, piu che sospirando......urlando dicevo << haaaa......se solo avessi un cane.......>>, nella speranza che un giorno la mia preghiera fosse esaudita.
Gli anni passarono, passarono la mie “prime cotte”, passarono la mie fissazioni e passarono i miei giochi sullo scivolo al parco, ma nonostante tutto, il desiderio di avere un cane era sempre nella mia testa, anzi, sempre nel mio cuore finché un giorno mia madre si “alleò” con noi.
L’estate finì, e il primo giorno di liceo si avvicinava.
Mia madre stava riuscendo a convincere mio padre a comprare un cane, un cane piccolo, un “cane-topo” come li chiamo io, ma era sempre un cane, meglio di niente.
Una sera mia madre chiamò me e i miei fratelli in salotto, ci fece sedere schierati sul divano a tre posti, e lei si sedette sul tavolino davanti a noi.
Sinceramente, non mi ricordo cosa disse, parlò di molte cose, ma la mia testa non era lì, era rivolta al giorno dopo, il giorno della vigilia di Natale, quando la mia attenzione fu catturata dalla frase <<Sono riuscita a convincere...>> <<...ti prego dì la parola cane! ti prego dì la parola cane! ti prego dì la parola cane!...>> mi ripetevo in testa come un ritornello <<...ti prego dì la parola cane! ti prego dì la parola cane! ti prego dì la parola cane!...>> poi la frase finì.
<< Sono riuscita a convincere vostro padre a comprare un cane, a patto che non sia un cane-topo>> sorrise.
Tentai più e più volte di pizzicarmi il braccio, quasi con timore, che tutto quello che era successo fosse stato solo uno dei tanti sogni che la notte mi passavano per la testa.
Era tutto vero: presto, io, Giorgia Sfingi, avrei avuto un cane.
Mi precipitai subito al computer a cercare annunci relativi a cucciolate: <<potranno essere consegnati trà un mese>>; <<devono ancora nascere>> parole che una dopo l’altra mi allontanavano dal mio sogno: un mese è troppo! Ma nulla, di cuccioli disponibili neanche l’ombra.
<<Bellissima cucciolata da Labrador retriever, sani e forti disponibili subito>> non ci credevo, provai a chamare il numero del proprietario ma nulla, utente sempre irraggiungibile.
Il mio sogno, come era arrivato era andato via, in così troppo poco tempo, il tempo più bello della mia vita.
Era il 5 Gennaio, me lo ricordo bene, ero in pizzeria, la pizzeria “Funi-Culì” per l’esattezza, per festeggiare il compleanno di mia nonna.
Il broncio arrivava fino a terra fino a quando, uno squillo del mio cellulare non mi distrasse dalla mia pizza, ormai “martoriata”
<< Buonasera, scusi l’ora, ma ho visto una chiamata sul mio cellulare, è forse interessato alla cucciolata?>> Come una saetta fuggii in bagno <<si si, l’avevo cercata apposta, volevo sapere se aveva ancora cuccioli disponibili>> l’attesa, impercettibile per qualsiasi persona, fu infinita per me, eterna <<mmmm.... si, ho ancora due cucciolotte color miele, se vuole passare a vederle..>> <<domani andrebbe bene??>> la interruppi con modo brusco <<si certo, può venire, io stò a La Spezia>> no!!! Pensai La Spezia era lontana...
Salutai la ragazza e corsi al tavolo aspettendo con ansia la fine della cena, aspettando un momento con cui parlare con i miei genitori, senza avere i miei nonni davanti che ogni tre per due ti interrompevano.
Appena arrivai a casa corsi a raccontare tutto a mia madre e lei la mattina dopo, decise di andare a vedere questi sudati cuccioli.
Tutto procedeva, il viaggio di tre ore, non finiva più, poi finalmente “via della Stazione 55” me lo ricorderò sempre, quel giorno, il 6 Gennaio, pioveva come solo Dio sà, ma non feci troppa attenzione al mal tempo.
La casetta era una villetta impostata su due piani, in stile rustico, con una grossa terrazza e enormi pietre che ricoprivano le pareti esterne.
L’interno era molto accogliente, mi ricordava vagamente una casetta di montagna, una di quelle con la stufa e il tavolo in legno grezzo.
Eccole li, le tre cucciole, una schierata accanto all’altra, che con furia si affacciavano dal piccolo recinto accanto alla stufa.
Hari era lì, la più piccola e tenera del gruppo, la più impacciata.
Aveva il collarino blu (che tuttora conservo gelosamente nel mio astuccio) e mi fissava, come se volesse chiedermi di giocare con lei.
Senza pensarci la presi in collo e la fissai per qualche secondo, poi lentamente, la strinsi a me.
Iniziò a giocare col pelo del cappuccio del mio giubbotto e lì me ne innamorai.
<<E’ lei che voglio>>.
Mi sedetti su una sedia di paglia intrecciata, i miei occhi non si staccavano da lei.
Mia madre mi guardò, guardò i miei fratelli, e piano piano si avvicinò ad Hari: <<Sai che ti aspetta un viaggio di tre ore? Quindi inzia sin da ora a dormire>> strinsi Hari più forte che potevo e più volte continuavo a ripetere <<Non è un sogno vero? Vi prego ditemi che non è un sogno ed è tutto vero>>
Durante il viaggio, io mi sedetti davanti e Hari era in mezzo ai miei fratelli, quante volte mi sono girata a vedere quella cucciola! Troppe da contare.
Arrivati a casa corse in cucina ad annusare in giro, e cominciò a scodinzolare.
Alice, Mia, Era, Giunone, quanti nomi mi sono passati per la testa ma poi mio padre mi disse: <<chiamiamola come l’Atollo delle Maldive, Hari>>
Hari....Hari, suonava bene.
<<Deciso allora, si chiamerà Hari>> urlò il mio fratello.
Ognuno di noi chiamava quel povero cane ogni secondo: Hari Hari, vieni Hari, non sapeva più dove e da chi andare.
Quella sera me la ricordo benissimo, ogni minimo dettagli, come ero vestita, che cosa abbiamo mangiato per cena, quello che c’era alla televisone, tutto stampato nella mia testa, come un video.
Devo confidarvi un segreto: quella notte non chiusi occhi, per paura che una volta riaperti Hari non ci fosse più.
Sono passati tre mesi da quella sera, e ora, a un quarto all’una sono nel mio letto, Hari dorme e russa beata nella sua cuccia, proprio accanto a me, lì, dove per 14 anni me la sono immaginata.
Scrivere questo è stato come rivivere quel giorno, rivivere quel giorno, quelle 24 ore che per sempre mi rimarranno stampate nei ricordi, facendomi riaffiorare emozioni troppo forti da essere descritte, emozioni che mi accompagneranno per tutta la vita, per tutta la mia vita con Hari.